Eh già, il tuo bambino sta cambiando perché non è più un bambino: è un PREADOLESCENTE.
Però, diciamoci la verità, di “preadolescenza” non si è mai parlato in termini specifici.
A dimostrarlo è anche la letteratura sull’età evolutiva, molto ricca ed esaustiva sull’età infantile e adolescenziale ma poco focalizzata sulla specificità di questa “terra di mezzo” meglio nota come pubertà.
Ma quando inizia la Preadolescenza?
Uno dei motivi che rende, a parer mio, questo passaggio più “fumoso” di altri è che è poco generalizzabile: di solito lo si fa coincidere con l’inizio delle scuole medie, tra gli 11 e i 13 anni, ma soprattutto per le ragazze anticipa i tempi agli ultimi anni delle elementari.
Generalmente le avvisaglie che un figlio sta cambiando, partono dalla trasformazione del suo corpo: la pubertà, infatti, si caratterizza da trasformazioni ormonali, fisiche e psicologiche, che si svolgono sequenzialmente fino al conseguimento della maturazione sessuale e una definizione dell’identità di genere.
Quello che poco si sa, invece, è quello che cambia nel CERVELLO dei ragazzi:
“Dott.ssa, ma perchè mi risponde così male..non era così”
“Mi fa delle richieste assurde…e non so come comportarmi”
“Tanto fa come vuole lui, deve avere sempre l’ultima parola”
“Non so se sono io o gli ormoni, ma si arrabbia di continuo e piange”
Questo articolo vuole darti maggiori strumenti per conoscere più da vicino quello che accade nella mente di un preadolescente e come affrontare le nuove sfide genitoriali: come cambia il suo funzionamento cerebrale, quale cambiamento relazionale ti chiede tuo figlio e quali sfide e strategie possono esserti utili nei suoi momenti di crisi.
Certo, i preadolescenti non sono tutti uguali e tuo/a figlio/a avrà le sue peculiarità specifiche.
Ma quello che lo/la differenzia dagli altri non sono i suoi bisogni evolutivi, ma il modo in cui li esplicita ed esprime.
Per aiutarti a comprenderli, partiamo dai luoghi comuni da sfatare sulla “preadolescenza”.
E’ vero che la tempesta ormonale stimola la ricerca dell’eccitazione e del piacere, ma non è la causa principale del cambiamento dei preadolescenti.
Il cambiamento ormonale si colloca all’interno di un disequilibrio tra la razionalità e l’impulsività di natura neuropsicologica e cerebrale, tipica di questa fascia d’età, di cui parlerò più avanti.
Pensare che sia “tutta colpa degli ormoni”, è un pò come dire..”ma io che ci posso fare?” e invece no..possiamo fare tantissimo.
E’ vero che in questa fase evolutiva, così ricca di sbalzi d’umore e imprevedibilità, non dare sempre troppo peso a tutto può alleggerire il clima familiare.
Ma crescere un preadolescente con questa prospettiva rischia di farci vivere quello che vive da spettatore, come se non ci riguardasse.
Invece ci coinvolge in prima linea.
In questa fase i ragazzi hanno bisogno di costruire un pensiero su quello che vivono: nascono nuove abilità e competenze, stringono legami intimi con i coetanei e gli serve allenare un pensiero critico su quello che sentono, dicono e fanno.
Hanno bisogno di noi, di guide che li stimolino a dare significato all’esperienza.
È vero che stanno crescendo, ma non sono piccoli adulti.
Per quanto i preadolescenti ci provino a “fare gli adulti”, hanno bisogno di essere responsabilizzati sulle conseguenze delle loro azioni.
Saranno i primi a rivendicare il diritto all’autonomia su diverse esperienze che non hanno mai fatto prima da soli.
Ma è bene che le concessioni fatte non si trasformino in un “autogol”: es. vietare l’uso di alcol e sigarette alle feste organizzate, dare orari precisi di ritorno a casa.
I Limiti proteggono per garantire una proficua esplorazione, anche a quest’età.
I nostri nonni la chiamavano ironicamente “l’età della stupidera”, e le neuroscienze oggi ci spiegano perché.
Le tecniche di neuroimaging dimostrano che il cervello dalla preadolescenza alla tarda adolescenza, tende a diminuire di spessore, mentre le sue connessioni neuronali aumentano.
Grazie alla plasticità cerebrale i collegamenti sinaptici, infatti, diventano sempre più fitti.
Però parallelamente a questo processo, ne avviene un altro: un aumento della mielinizzazione delle fibre nervose.
Questo processo VELOCIZZA l’impulso nervoso, ma non copre subito in maniera equilibrata e omogenea tutte le aree cerebrali.
La mielina, infatti, copre per ultime le aree prefrontali completando il suo lavoro intorno ai 20 anni.
Quello che ne deriva è un DIVARIO tra aree cerebrali che si attivano subito, come quella LIMBICA adibita alle emozioni e all’umore,
e altre che si attivano meno, come quella PREFRONTALE: zona che si occupa di gestire gli impulsi, sviluppare un pensiero sulle azioni compiute e anticiparne le conseguenze.
In altre parole..
In preadolescenza aumenta il divario tra la parte emotiva e cognitiva del cervello.
Questo funzionamento irregolare del cervello spiega ad esempio come i preadolescenti siano veloci nel cambiare umore da un momento all’altro, nell’ essere imprevedibili e in difficoltà nel gestire le proprie emozioni..
ma allo stesso tempo siano lenti nel cogliere dei ragionamenti o aspetti diversi di un problema da risolvere.
In altre occasioni li vediamo aperti alle nuove esperienze, “su di giri” per l’ebbrezza della novità del momento..
ma allo stesso tempo non pronti per valutarne i rischi o ponderare delle scelte, perdendo di vista il contesto e una visione d’insieme.
E’ da considerare, infatti, che quando il preadolescente è coinvolto da una situazione che trova particolarmente eccitante, il suo livello di dopamina basale si impenna particolarmente, non facilitando la riflessione sulle azioni..
Tanto che quando ti rispondono “non so perchè l’ho fatto”, esprimono a parole la disconnessione che sentono tra la loro parte emotiva e quella cognitiva.
Per quanto valgano le differenze individuali, l’età preadolescenziale in generale si regge su 4 caratteristiche:
Molti genitori rimangono spiazzati dal fatto che dalla prima media in poi, i ragazzi inizino a chiedere di fare da soli cose che non si sarebbero mai sognati di chiedere pochi mesi prima.
Andare a scuola da soli in bici, chiedere di festeggiare il compleanno con gli amici in una sala paintball etc..
Il bisogno che esprime il preadolescente è soddisfare la sua curiosità, l’eccitazione, lo spirito d’ avventura, tutti aspetti legati alla costruzione del proprio sé, di nuove abilità e delle prime prove di autonomia che escludono la presenza degli adulti.
Bisogni da soddisfare, certo, ma ricordandosi che vanno canalizzati da un ragionamento guidato dall’adulto, che faccia riflettere sulle conseguenze e rischi delle loro azioni.
E’ naturale per i preadolescenti conoscere se stessi e il mondo, attraverso i loro coetanei.
La relazione con i pari diventa un vero e proprio “trampolino di lancio” per distaccarsi dai genitori e costruire un propria individualità.
Durante la preadolescenza, le relazioni tra pari diventano più intime ed esclusive e l’accettazione da parte del gruppo diventa una priorità relazionale.
Andare o non andare ad un compleanno, comprare o meno quel paio di scarpe, che taglio di capelli fare…sono tutte scelte influenzate dall’approvazione degli amici e da come un ragazzo anticipa lo possano percepire: tutto deve sviare il loro rifiuto.
Generalmente i maschi tendono a legarsi più fisicamente, ad esempio con la lotta fisica: lo scopo non è farsi male ma far sentire la propria presenza e mantenere un rapporto con gli altri.
Le femmine, invece, tendono a stringere relazioni basate sul confronto verbale caratterizzato dal piacere di parlare, confidarsi, raccontare le proprie esperienze con un contatto fisico più intimo, come il tenersi per mano.
“Papà, non ti sopporto più, hai rotto!”
Una cosa è certa: i preadolescenti si arrabbiano di più rispetto all’infanzia, e questo è fisiologico rispetto a come il loro cervello sta cambiando.
A volte basta una parola sbagliata o ritenuta tale, che il loro tono di voce si alza fino ad esplodere in una rabbia poco controllata e prevedibile.
La buona notizia è che la curva della rabbia poco dopo si abbassa, tanto che sembra che in poco tempo, tutto torni come prima.
Gli sbalzi d’umore e l’effervescenza emotiva sono tipiche caratteristiche di questa fase di sviluppo e segnalano come il “cervello emotivo”, faccia ancora fatica a connettersi con quello regolatore “razionale”.
In questi casi, intervenire con escalation di provocazioni o spiegazioni durante questa fase di “eruzione” non porta a nulla, ma anzi…può peggiorare la situazione.
Se ne riparla dopo, a toni calmi e fermi.
Consideriamo che entrare in conflitto, per loro, significa poter esprimere un pensiero che è diverso dal nostro e che merita considerazione a prescindere dalla fattibilità di quello che propongono di fare.
“Non è detto che una cosa si deve fare in un certo modo, solo perchè è sempre stato fatto così”
Questo è il motto preadolescenziale che unisce, come un filo rosso, gli agiti “esplorativi” in cui i ragazzi prendono l’iniziativa per fare cose nuove, senza confrontarsi prima con i genitori.
P: “Ma l’hai chiesto prima a tua madre, se potevi prendere..”
F: “Ma no papà, fidati di me..ho pensato di fare..”
Esplorare creando amplia il loro raggio d’azione, ma non solo.
Il bisogno evolutivo che soddisfano è diventare attivi ideatori di scelte autonome, promotori di entusiasmi che diventano opportunità per incrementare le loro competenze e abilità.
Allo stesso tempo, questa esplosione energetica ed entusiasmante rischia di disperdersi come fumo o creare danni a sé o agli oggetti, se non viene canalizzata e inserita all’interno di una “struttura di pensiero” che solo noi adulti possiamo allenare.
“Come sei pesante..”
“Quei capelli sono inguardabili”
“Posso fare da solo, grazie.”
“Mi vergogno di te..”
Com’è possibile che un anno prima ero il suo eroe..e adesso mi tratta così?
A volte ci sembra che i ragazzi siano ipercritici e che usino parole che arrivano al cuore come una pugnalata.
Questo ci ferisce, ci sentiamo rifiutati e screditati nel nostro ruolo tanto da pensare che lo facciano apposta a farci male con le parole.
Servono a testare fin dove può arrivare lui, e quanto siamo compatti noi.
Attenzione, ho detto compatti. Non ho detto né autoritari, né permissivi.
Quello che cercano di fare, screditando, è mettere una DISTANZA tra noi e loro, per capire chi sono.
I genitori sono il “modello educativo conosciuto”, e loro hanno bisogno di metterlo in discussione per individualizzarsi.
E’ come se quello che ci chiedesse un preadolescente fosse di rimanere sul ring, di bloccare il suo duro colpo e dirigendolo verso obiettivi più mirati e strategie comunicative più adeguate.
Come degli allenatori.
Così come cambiano i ragazzi, cambia di default la nostra relazione con loro.
Anche se apparentemente non lo dimostrano, i preadolescenti hanno bisogno di adulti carismatici e genitori di riferimento che li allenino a “connettere” il cervello emotivo con quello cognitivo.
Di cosa hanno bisogno i preadolescenti?
Di “ALI E RADICI”.
Quindi di adulti che favoriscano lo sviluppo di nuove esplorazioni, valorizzino le abilità e nuove competenze espresse, ma che sappiano mettere limiti e regole fornendo uno sguardo d’insieme quando ai ragazzi sfugge.
Alberto Pellai, noto psicoterapeuta familiare, nel libro “l’età dello tsunami, come sopravvivere ad un figlio preadolescente” scrive che i preadolescenti hanno bisogno di GENITORI FORTI:
“Essere genitori forti, non significa essere Autoritari, ma Coerenti, Credibili e Affidabili. Significa avere la capacità di guardarci dentro e vederci dal di fuori mentre prendiamo decisioni.”
Certo, nessuno è perfetto.
La perfezione non esiste, così come non esistono stili educativi omologati, ma la direzione educativa da prendere sì.
Così come esistono domande che possono farvi riflettere su come state cambiando, in relazione ai vostri figli.
Che Genitori siete?
Quali punti di forza pensate di avere?
Che stile educativo avete?
Quelle che stai per leggere sono strategie educative che ti permettono di:
Intendiamoci:
I limiti servono a garantire ai ragazzi un’esplorazione consona alla loro età.
Ma ci sono modi e modi per attuarli: uno di quelli più efficaci è la negoziazione: ovvero l’arte del compromesso.
Proporre un compromesso non significa retrocedere o risultare debole agli occhi di tuo figlio, ma ragionare a tavolino sui bisogni espliciti di entrambi per negoziare delle SOLUZIONI condivise davanti ad un problema.
I compromessi ti permettono di prevenire le sue escalation di rabbia e aprono al dialogo. Servono a dare fiducia e costruire alleanza nella relazione.
F: “Mamma, ti prego voglio quelle scarpe…ce le hanno tutti a scuola!”
M: “Le scarpe ti servono, ma quelle che vuoi per me costano troppo”
F: “Dai mamma, non mi compri mai niente…ti prego!”
M: “capisco che ti piacciano quelle scarpe però io non posso spendere tutti questi soldi, mi servono per altro. Se vuoi uniamo le forze: io metto di tasca mia la metà del prezzo, mentre tu di occupi dell’altra metà”
F: “ Ma io non ho mica soldi per pagarle”
M. “è vero, ma puoi rinunciare a qualcosa sul futuro per compensare il costo”
F: “…del tipo?”
M: “Ad esempio può essere la paghetta dei prossimi mesi o il regalo di Natale del prossimo mese. Ti viene in mente altro?”
Parlare con ironia o sarcasmo è una modalità comunicativa che i ragazzi utilizzano spesso per esprimere il loro parere e la loro personalità, per potersi differenziare dagli altri.
E’ un mezzo che attecchisce particolarmente anche nella relazione con noi: possiamo utilizzare ad esempio l’ironia come strategia per smorzare i toni, quando si fanno provocatori.
F: “Mamma, quei capelli sono inguardabili..davvero hai il coraggio di uscire così?”
M: “beh, in effetti il coraggio non mi è mai mancato. Ad esempio oggi sono entrata in camera tua..” (con tono ironico)
L’umorismo e la giocosità, ad ogni età, soddisfa il bisogno di “leggerezza” di cui una famiglia ha bisogno.
Non è vero che i ragazzi, crescendo, parlano meno con tutti gli adulti.
Può essere vera la tendenza a parlare meno con i genitori, per tutte le ragioni espresse sopra.
Rimangono, però, aperti al confronto e attirati da adulti carismatici, fuori dalle mura di casa: il prof. vicino ai bisogni degli studenti, l’allenatore della propria squadra, l’educatore scout, lo psicologo della scuola..
Insomma altri adulti che hanno una funzione educativa o di riferimento, fuori dalle mura di casa e che il ragazzo SCEGLIE per raccontarsi.
E’ per questo che FAVORIRE che i ragazzi frequentino diversi contesti esterni, non solo promuove una loro apertura all’esperienza ma aiuta i genitori a crescerli all’interno di una rete territoriale tutelante.
Per quanto l’età della preadolescenza sia ricca di cambiamenti e opportunità di crescita, risulta per molti genitori altamente sfidante.
Capire come comportarsi, comprendere i cambiamenti dei propri figli, gestirne i disagi e trovare nuovi modi per entrare in relazione con loro, non è sempre facile.
Qualora ne avessi bisogno, scrivimi.
Sarò felice di aiutarti.
Pellai A., Tamburini, S. (2017) “L’età dello tsunami”: come sopravvivere ad un figlio preadolescente.
One Comment
Adriana Milini
01/12/2022Estremamente interessante ed utile, da tenere sempre a portata di mano per rileggerlo ogni tanto così da rinfrescarsi la memoria